Perché si finisce per strada? Oltre gli indicatori statistici, sono le storie degli uomini a interrogarci nel profondo. Si finisce "in strada" arrivando da mille percorsi differenti. Alcuni per sfuggire a un clima di violenza e di sopruso familiare, altri in seguito a separazioni o divorzi, altri ancora perché distrutti dai debiti, dalle dipendenze (droga, alcol, gioco d’azzardo) oppure, perché non hanno più nessun familiare in grado di aiutarli. In seguito a malattia, depressione, disturbi mentali oppure – e accade spesso – per un insieme di cause che si abbattono sulla persona e che somigliano sempre a una tragica narrazione di mitiche sventure.
Secondo Pietro Piro, noto saggista, il punto è però un’altro: la vera civiltà si misura dalla quantità di persone che finiscono per strada. Anche dieci "senza tetto" sono troppi. Non può e non deve esistere in una società come la nostra che produce lo spreco, che ogni giorno butta via una buona parte dei prodotti alimentari che produce, che ha a disposizione migliaia di doppie e triple case, che dispone di enormi ospedali, caserme, strutture, tutte in abbandono, che ci sia anche una sola persona che "finisce per strada".
Ogni senza tetto incarna tutte le contraddizioni del nostro tempo, egli è corpo vivo delle contraddizioni e delle negazioni del nostro tempo. Ma, grazie a molti attori che operano nei territori, la "resistenza" non è finita. Continua ancora oggi nelle mense, nei dormitori, nelle case famiglia, nelle strutture di accoglienza per migranti, nei servizi sociali, nelle associazioni, negli ospedali e in tutti quei i cittadini che nel segreto forniscono vestiti e coperte, materassi e generi alimentari.
L’altra Resistenza. La lotta quotidiana di chi non ha più nulla
Pietro Piro, Vita, 9 maggio 2018