La spesa sanitaria incide per oltre il 70% sul bilancio delle Regioni, ma siccome la domanda aumenta la politica del risparmio taglia le prestazioni e aumenta il costo ticket a carico dei pazienti. Ma è possibile che una clinica privata, per una risonanza magnetica, applichi una tariffa tre volte inferiore a quella che rimborsa la Regione a una clinica convenzionata con il servizio sanitario nazionale, e ci guadagni pure?
Partiamo dall’inizio: gli italiani fanno oltre 55 milioni di esami l’anno, e la metà delle prestazioni vengono eseguite fuori dagli ospedali e dagli ambulatori pubblici. Il motivo è che il nostro sistema sanitario pubblico, pur essendo uno dei migliori al mondo, da solo non ce la fa e, per abbattere le liste d’attesa e colmare le inefficienze, si appoggia agli imprenditori privati convenzionati – ossia rimborsati con soldi pubblici. Ma in base a quale criterio gli esami vengono rimborsati fino a tre volte il loro costo?
Vediamo quanto esborsa lo Stato, tramite le Regioni, per gli esami più diffusi (risonanze magnetiche muscoloscheletriche, tac del torace ed ecografie all’addome completo) e quanto si fanno pagare invece dai cittadini che pagano di tasca propria i migliori centri privati “non convenzionati”. Paragonando questi prezzi si scopre che il risparmio potrebbe arrivare a 100 milioni di euro. Il confronto è a parità di qualità delle attrezzature diagnostiche, di professionalità di personale medico e di inquadramento contrattuale.
Sanità: il "buco" dei rimborsi
Milena Gabanelli e Simona Ravizza, Il Corriere della Sera, 5 febbraio 2018