Nella recente Legge di Bilancio, il Governo ha scelto di ampliare ulteriormente gli spazi del welfare aziendale (come vi abbiamo spiegato qui). Questo è un segnale della forza del welfare aziendale di cui la legge prende atto.
I piani di welfare aziendale crescono a ritmo incessante non perché siano stati inventati dal legislatore, né perché con la crisi economica sono diminuite le risorse per i tradizionali aumenti di stipendi, neanche (soltanto) perché è in continuo arretramento il welfare pubblico; si moltiplicano perché sta cambiando la natura stessa del rapporto di lavoro, sempre meno costruito attorno al tradizionale scambio tra ore di lavoro, presenza fisica e salario e sempre di più attorno a relazioni finalizzate al risultato, alla produttività, nelle quali secondarie sono le procedure burocratiche e gerarchiche, tanto che il dipendente non teme di chiedere all’impresa, oltre allo stipendio, anche (e sempre di più) servizi.
Il legislatore del 2016 ha intercettato questo cambiamento e ha deciso non solo di non ostacolarlo, ma addirittura di incoraggiarlo. In soli tre anni il welfare aziendale è diventata la più moderna delle leve di gestione del personale e il più innovativo capitolo dei contratti integrativi aziendali. È una dimensione con la quale dovrà fare i conti anche il prossimo Parlamento, di qualsiasi colore esso sia. Vedremo se prevarrà la solita frenesia regolatoria o un’intelligente osservazione della realtà.
Welfare Aziendale. Le misure che contano più della decontribuzione 2.0
Emmanuele Massagli, Il Sussidiario, 12 gennaio 2018