Il 3 luglio 2017 è stato promulgato il Decreto Legislativo 117, il "Codice del Terzo settore", che rappresenta uno degli elementi più importanti della cosiddetta Riforma del Terzo settore. Poiché le politiche sociali sono materia di potestà concorrente tra Stato e Regioni – e, quindi, anche le attività che in tale campo vengono sviluppate dal Terzo settore – agli enti regionali spetta il compito di implementare la Riforma per quel che riguarda diversi aspetti di loro competenza. In questo articolo si vedranno, a titolo di esempio, le attività messe in campo dalla Regione Emilia Romagna per attuare quanto previsto dal d.lgs 117/2017.
Le principali novità della Riforma
Il Codice del Terzo settore si compone di 104 articoli suddivisi in 12 titoli che sono: 1) disposizioni generali (1-3); 2) degli enti del Terzo settore in generale (4-16); 3) del volontario e dell’attività di volontariato; 4) delle associazioni e delle fondazioni del Terzo settore (17-19); 5) di particolari categorie di enti del Terzo settore (20-44); 6) del registro unico nazionale del Terzo settore (45-54); 7) dei rapporti con gli enti pubblici (55-57); 8) della promozione e del sostegno degli enti del Terzo settore (58-76; 9) titoli di solidarietà degli enti del Terzo settore ed altre forme di finanza sociale (77-78); 10) regime fiscale degli enti del Terzo settore (79-89; 11) dei controlli e del coordinamento (90-97); 12) disposizioni transitorie e finali (98-104).
Il Codice introduce per la prima volta in Italia una definizione unica di “ente del Terzo settore”, dispone una normativa unica per i diversi tipi di organizzazione che continuano comunque a mantenere una loro specificità e, infine, aggiorna i settori d’intervento. Valorizzando poi gli sviluppi che il Terzo settore ha avuto negli ultimi anni, sono riconosciute modalità innovative di raccolta fondi e finanziamento.
L’art. 4 definisce come ente del Terzo settore “le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore”.
Un elemento assai significativo per superare la frammentazione è l’istituzione del registro unico nazionale del Terzo settore. Precedentemente alla promulgazione del Codice infatti erano attivi distinti registri per le diverse forme di organizzazioni gestiti in base alla rispettiva normativa nazionale e regionale (ad esempio la legge 266/1991 per le organizzazioni di volontariato e la legge 383/2000 per le associazioni di promozione sociale). L’unificazione dei registri consente di armonizzare le procedure di costituzione, trasformazione e scioglimento degli enti del Terzo settore e, inoltre, favorisce la trasparenza e il monitoraggio delle loro attività.
Sempre con l’obiettivo di armonizzare il Terzo settore, la Riforma ha istituito il Consiglio nazionale del Terzo settore, ente che ha funzioni consultive, di vigilanza, monitoraggio e controllo.
L’attuazione della Riforma in Emilia Romagna
Il processo di riforma e armonizzazione, come detto, non è di esclusiva competenza statale. La materia, in particolare negli aspetti amministrativi e delle politiche di welfare, è infatti potestà concorrente delle Regioni.
Il primo atto in tal senso della Regione Emilia Romagna è stata la legge regionale 20/2017 “Disposizioni per la ridefinizione, semplificazione e armonizzazione delle forme di partecipazione dei soggetti del Terzo settore alla concertazione regionale e locale” finalizzata proprio all’adeguamento delle leggi regionali vigenti in materia di Terzo settore volte alla ridefinizione, semplificazione e armonizzazione delle forme di partecipazione dei soggetti dello stesso Terzo settore alla concertazione regionale e locale delle politiche di loro interesse, in armonia con le norme di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (art. 1).
La norma prevede quattro modalità di partecipazione per gli enti del Terzo settore:
- la Conferenza regionale del Terzo settore istituita dalla legge regionale 35/1999 come strumento di confronto e concertazione;
- l’Osservatorio regionale del Terzo settore, cioè una sezione speciale della Conferenza composta da rappresentanti delle organizzazioni di volontariato e delle associazioni di promozione sociale. Si tratta di un organo consultivo finalizzato a analizzare e valutare le esigenze del territorio, favorire la circolazione di esperienze trasversali, proporre iniziative di studio e ricerca, adottare iniziative di proposta, di impulso, di sensibilizzazione, di monitoraggio e di verifica in materia di Terzo settore;
- l’Assemblea regionale del Terzo settore è indetta dalla Regione come momento di confronto, verifica e proposta sulle politiche di interesse per il volontariato e l’associazionismo di promozione sociale. È composta dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale iscritte nei rispettivi registri (fino a che non verrà istituito il registro unico);
- gli organismi unitari del Terzo settore, di cui la Regione riconosce la funzione rappresentanza. A tali organismi devono fare riferimento i soggetti pubblici parte del sistema integrato di interventi e servizi sociali (Comuni singoli e associati, Ausl, Province, Regione) per la programmazione e la concertazione locale riferita alle politiche di interesse per il Terzo settore.
Un processo di riforma non ancora concluso
Ad oggi, dunque, il processo d’implementazione della riforma del Terzo Settore in Emilia Romagna è stato avviato attraverso un provvedimento legislativo ad hoc. Altre Regioni, invece, ancora non hanno messo in campo azioni in tal senso, anche se il loro ruolo risulta centrale per dare piena attuazione alla riforma stessa.
Gli enti del Terzo settore sono infatti protagonisti nei servizi sociali, sociosanitari e sanitari, ambiti in cui la competenza è della Regione e degli enti locali: in questa direzione, gli strumenti di confronto previsti dalla legge regionale 20/2017 della Regione Emilia Romagna assumo una particolare rilevanza.
Il Codice del Terzo Settore però ha riformato diversi aspetti del diritto civile (questo di esclusiva competenza statale) e amministrativo concernenti la costituzione e l’attività dei diversi enti – come le organizzazioni di volontariato regolate dalla legge 266/1991, le cooperative sociali regolate dalla legge 381/1991, le associazioni di promozione sociale regolate dalla legge 383/2000 – in modo da armonizzare la normativa precedente. A riguardo occorrerà attendere per vedere come tali aspetti saranno introdotti nelle normative regionali. In base al principio di sussidiarietà infatti, ogni Regione ha sviluppato un proprio impianto normativo per gli aspetti amministrativi di sua competenza.