Dalla "nave che affonda" alla "casa comune", dal "condominio" al "palazzo che crolla" per cattiva amministrazione, in un mondo pieno di crepe e muri: le metafore dell’Europa come Istituzione rimandano a visioni contrastanti, eppure non omogenee nella loro distribuzione né sbilanciate in senso negativo, come l’eco mediatica dei nuovi partiti e movimenti anti-europeisti farebbe supporre.
Un’Unione sociale europea capace di anteporre la "Ragion di Stato" a quella "di Mercato", la democrazia alla competitività. Intervistato da “L’Indro”, Maurizio Ferrera ci spiega questa prospettiva e ne illustra gli aspetti trasformativi e gli ostacoli, prendendo le mosse dalla questione relativa all’opportunità di abbandonare il metodo intergovernativo a vantaggio di una prospettiva di azione comunitaria.
Secondo Ferrera, "rispetto all’equilibrio tra dimensione economica e dimensione sociale, è necessario che l’Unione Europea istituisca una Unione sociale europea, la quale però sarebbe cosa diversa dalla Unione economica e monetaria, che prevede un’integrazione totale, addirittura la fusione tra le valute nazionali e la centralizzazione dei poteri verso la BCE. Non penso a una cosa di questo genere. Penso, piuttosto, a un quadro di architettura che riconosca che il welfare nazionale gioca un ruolo importante: esso, cioè, non può sicuramente essere smantellato e ricostruito a livello europeo e svolge funzioni insostituibili di integrazione sociale oltre che di correzione – là dove vada corretto – del mercato".
Quindi, l’Unione sociale europea dovrebbe essere, una "architettura" che conserva, naturalmente stimolandone la modernizzazione, i sistemi nazionali di protezione sociale, ma gestisce e contrasta, da un lato, le esternalità che il mercato interno produce sui sistemi nazionali di protezione sociale e , dall’altro, le esternalità che ciascun sistema di protezione nazionale genera e trasmette all’altro. Per esempio, bisognerà, sotto questo profilo, riformare il sistema di coordinamento della sicurezza sociale dei lavoratori migranti perché, in effetti, a volte succede davvero ciò che lamentano alcuni critici, vale a dire il generarsi di effetti perversi – intenzionali e non.
La dimensione sociale e il cuore dell’Europa
Virgilio Carrara Sutour, L’Indro, 21 settembre 2017