Oltre 750 delegati, 200 fondazioni rappresentate, 40 seminari, workshop e momenti di riflessione, condivisione e scambio. Sono alcuni dei numeri della Conferenza delle Fondazioni Comunitarie Canadesi tenutasi a Ottawa in occasione del 25° anniversario delle Fondazioni Comunitarie del Canada e del 150° anniversario di costituzione del Paese. Tra i partecipanti all’evento anche una ventina di rappresentati internazionali, invitati come interlocutori e per le esperienze rilevanti che ciascuno nel proprio Paese e contesto sta sviluppando. Daniele Giudici, unico italiano, era tra loro. Giudici ha raccontato dell’esperienza dei "Vital Sign" maturata dalla Fondazione Nord Milano, e di questo ha discusso con diversi esponenti della filnatropia canadese. Di seguito ci racconta alcuni degli spunti emersi in tale occasione.
La Fondazione Nord Milano nel 2015 ha avviato la sperimentazione dei “Vital Sign” (ve ne abbiamo parlato qui). Si tratta du un “metodo strategico”, nato proprio in Canada, che si configura come una guida alla conoscenza del proprio territorio per sviluppare l’attività filantropica ed operativa, partendo dalle reali esigenze della comunità, oltre che dai dati oggettivi statistici che periodicamente vengono rilevati.
Nella città di Sesto San Giovanni quest’attività è nata da una duplice esigenza della Fondazione: capire come rispondere di anno in anno ai bisogni della comunità – prevalentemente con lo strumento dei Bandi – e come coinvolgere la stessa comunità perché possa essere parte attiva nel trovare e formulare soluzioni, e non solo beneficiaria degli interventi.
I Vital Sign (VS, in italiano potremmo tradurli come “segnali vitali”) sono quini un metodo di lavoro che permette di delineare più facilmente degli obiettivi erogativi con la conoscenza dei bisogni, unendo un buon grado di trasparenza e di dati statistici. Essi sono il presupposto per poter capire come gli interventi sostenuti abbiano un impatto e come misurarlo. Fondazione Nord Milano ha scelto di percorrere per prima tale strada anche per una serie di corrispondenza con i propri obiettivi strategici, per:
- meglio definire gli ambiti dei settori progettuali da sostenere in modo coerente con le necessità reali, attuali e in divenire, verificando anche ambiti “non chiari” o “in evoluzione”;
- raccogliere informazioni dalla comunità, valorizzando le reti esistenti e facendo networking e focus group tra i vari soggetti/anime presenti;
- razionalizzare le informazioni raccolte con i dati statistici in modo da rendere fruibili e trasparenti le risultanze ed evidenze, ponendo le basi per misurare l’impatto dei finanziamenti/progetti da un punto di vista socio-economico, nel medio termine.
In questo modo, dal dicembre 2015, la Fondazione ha consolidato la partnership con il Dipartimento di Sociologia dell’Università Bicocca oltre che sviluppare dialoghi costanti a livello internazionale con la City University of New York (Centre on Philanthropy and Civil Society), con la Berks County Foundation (fondazione comunitaria vicino a Philadelphia) e recentemente con il Dipartimento Vital Sign de Community Foundations of Canada e la Fondazione of Greater Montreal.
Varie sono state le occasioni di dialogo nella quattro giorni canadese su come poter sviluppare i VS non come modello astratto o semplice “libro/rapporto” ma come vero e proprio strumento operativo a supporto della strategia complessiva che una fondazione ha per la propria comunità. A Sesto San Govanni come in Canada.
Tutti gli interlocutori, dai membri dello staff ai Direttori, hanno sottolineato come sia indispensabile che i Consigli di Amministrazione e i Presidenti promuovano lo sviluppo di questo metodo. Nel giro di 2/3 anni, infatti, esso porterà senz’altro benefici e permetterà di raggiungere progressivamente risultati importanti: maggiore conoscenza del ruolo della fondazione “dall’interno”; maggiore conoscenza del proprio territorio in profondità e sulle lacune che non si colgono; maggiore facilità nel comunicare i dati di bisogno; strumento agile di dialogo con chi non conosce la fondazione; strumento indipendente di rilevazione statistica dei dati e bisogni; facilitatore di storytelling per i donatori e per chi vuole creare una partnership; strumento che permette di misurare l’impatto e medio-lungo termine.
In particolare nelle sessioni di dialogo e confronto di esperienze internazionali sono emersi numerosi “tools” e suggerimenti per coinvolgere, conoscere, fare (“engagment, knwoledge and actions”). Cindy Lindsay, Responsabile dei VS Internazionali della rete delle Fondazioni Canadesi, ha fornito importanti motivazioni per incrementare il partenariato come prima realtà italiana, una delle prime in Europa dopo il Regno Unito e la Romania. Marie Luise Stoll-Steffan, Deputy Chair della Rete delle Fondazioni Comunitarie Tedesche, ha inoltre manifestato la volontà di portare il caso italiano all’evidenza del loro network perché stimoli a sviluppare i primi VS dopo “la grande area nord di Milano”. Yvan Gauthier, Direttore della Fondazione di Montreal ha dato preziosi suggerimenti perché “si guardi sempre avanti, positivamente” per sviluppare passo dopo passo una strategia mirata anche su VS settoriali, come ad esempio vengono fatti a Montreal (quest’anno ricorre il 375° anniversario della città unitamente e il focus biennale dei VS della Fondazione è sull’infanzia).
La motivazione e l’effetto costruttivo verso i VS, unitamente ad uno sguardo aperto, in particolare di “cosa non si percepisce nella nostra comunità”, sono gli elementi più importanti portati nel bagaglio al rientro dal Canada, insieme ad aver vissuto esperienze professionali con moltissime persone. È stato questo anche un punto di attenzione e di rilievo ad una serie di lezioni tenute ai Fellows 2017, junior e senior, del Centre on Philanthropy and Civil Society di New York, proprio come elemento chiave e di rilievo anche per descrivere lo sviluppo delle fondazioni comunitarie italiane.