Il Consiglio dei Ministri del 9 marzo ha approvato lo statuto della Fondazione Italia sociale, che qualcuno forse ricorderà anche per l’appellattivo "IRI del Terzo Settore" . Questo nuovo ente, di cui vi avevamo già parlato qui, è stato isituito nell’ambito della legge di riforma del Terzo settore per promuovere l’aggregazione e l’utilizzo di risorse e competenze provenienti da attori pubblici, privati e non profit. Attingendo da un pool di conoscenze il più ampio possibile, l’obiettivo ultimo di questa Fondazione è di contribuire alla razionalizzazione e alla modernizzazione degli interventi a carattere sociale che saranno implementati nel nostro Paese.
Come si legge all’articolo 10 della riforma, la Fondazione ha "lo scopo di sostenere, mediante l’apporto di risorse finanziarie e di competenze gestionali, la realizzazione e lo sviluppo di interventi innovativi da parte di enti del Terzo settore, caratterizzati dalla produzione di beni e servizi con un elevato impatto sociale e occupazionale e rivolti, in particolare, ai territori e ai soggetti maggiormente svantaggiati". Il tutto in un’ottica integrativa tipica del secondo welfare. La Fondazione, infatti "nel rispetto del principio di prevalenza dell’impiego di risorse provenienti da soggetti privati, svolge una funzione sussidiaria e non sostitutiva dell’intervento pubblico ed è soggetta alle disposizioni del codice civile, delle leggi speciali e dello statuto, senza obbligo di conservazione del patrimonio o di remunerazione degli investitori".
Come si legge nel comunicato stampa diffuso dopo il CdM, la Fondazione opererà inoltre "per la promozione e la diffusione della fiducia nel valore degli investimenti sociali, attraverso gli enti del Terzo settore, sia mediante il sostegno ad attività di ricerca, formazione e sviluppo di buone pratiche (anche attraverso la collaborazione con centri di ricerca e università), sia nel compito di predisporre gli strumenti e le modalità di verifica dei risultati raggiunti e degli impatti sociali ed occupazionali effettivamente prodotti".
Come racconta Stefano Arduini su Vita.it, la Fondazione – che avrà sede a Milano come aveva preannunciato il sindaco Sala nel settembre scorso – cercherà di attrarre donazioni e altre risorse private per sostenere le proprie attività. In questo quadro, scrive Arduini, "i lasciti testamentari avranno un ruolo cruciale. Tanto che uno dei Fondi operativi in cui si sostanzierà l’attività della Fondazione avrà come obiettivo proprio quello di raccogliere e amministrare risorse provenienti dai testamenti solidali".
Dovrebbe trattarsi dunque di "un Fondo di intermediazione filantropica che opererà secondo il modello francese, offrendo ai donatori la possibilità di vedersi amministrato il patrimonio secondo le proprie indicazioni all’interno di un fondo costruito e gestito su misura in base alle indicazioni del donatore". Una possibilità che, quindi, permetterebbe al donatore di perseguire le proprie volontà anche dopo la morte senza l’onere di costituire un nuovo ente e che, al contempo, garantirebbe il patrimonio trattandosi di una fondazione di genesi pubblica.
Sempre secondo quanto riporta Vita, la Fondazione opererà su altri due fornti principali. Da un lato, attraverso il "Fondo filantropico italiano", si occuperà di raccogliere donazioni secondo il principio “poco da tanti”: chiunque utilizzando la Fondazione potrà destinare risorse a realtà sociali italiane che dimostrino "di poter creare occupazione e di diventare economicamente autonome entro dieci anni". Dall’altro, è prevista la creazione di una Sgr, una società di gestione del risparmio, "che investirà in imprese sociali con ritorni molto contenuti, che dovranno comunque essere reinvestiti nell’impresa anche sotto forma di donazione".
Se questi elementi saranno confermati – al momento non siamo ancora riusciti a reperire lo Statuto approvato dal CdM né a raccogliere informazioni aggiuntive su struttura e modus operandi dell’ente – è impossibile non notare diversi punti di contatto con le fondazioni comunitarie (se non sapete cosa sono cliccate qui). Si noti, ad esempio, la volontà di creare un Fondo che raccolga tante piccole donazioni per "fare massa" e sostenere lo sviluppo economico e sociale della comunità (nazionale in questo caso). O la scelta di investire parte delle risorse raccolte per far fruttare il patrimonio e aumentare la capacità di erogare risorse verso i territori. O ancora la volontà di puntare sui lasciti testamentari, una strada intrapresa dalla Fondazione di Comunità del Centro Storico di Napoli un paio di anni fa e su cui stanno puntanto anche le fondazioni comunitarie legate a Cariplo.
Non sappiamo se questi punti di contatto con la filantropia comunitaria italiano siano state volute o meno. Certamente sarebbe utile se la Fondazione Italia Sociale prima di aprire i battenti avesse piena consapevolezza degli altri attori che già operano nei contesti operativi in cui ha deciso di attivarsi. Sarebbe un primo passo per evitare, da un lato, che ci sia una competizione viziosa tra enti con obiettivi comuni e, dall’altro, un modo per capire dove e come possa muoversi assumendo realmente quel ruolo sussidiario che la legge le affida.
Riferimenti
Articolo della riforma del Terzo settore dedicato alla Fondazione Italia Sociale
Fondazione Italia Sociale, approvato lo Statuto | Stefano Arduini, Vita, 13 marzo 2017
Il capitolo del Primo Rapporto sul secondo welfare dedicato alle fondazioni comunitarie