Il 16 dicembre 2016 la Regione Sardegna, tramite l’Assessorato regionale del Lavoro, ha dato il via al progetto "Welfare e work life balance nella vita quotidiana delle aziende, delle lavoratrici, dei lavoratori e delle loro famiglie" volto a intraprendere azioni che promuovano misure innovative di welfare aziendale e ad incentivare politiche family friendly indirizzate a favorire una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro.
Secondo l’avviso pubblicato dalla Regione, il progetto è finalizzato a:
- sensibilizzare le aziende e i territori verso l’utilizzo della flessibilità lavorativa e del welfare complementare in funzione del potenziamento della produttività e della qualità del lavoro;
- sollecitare le parti sociali ed economiche a promuovere, presso i propri iscritti e aderenti, il welfare aziendale quale strumento per aumentare la produttività e per migliorare la conciliazione vita-lavoro dei lavoratori dei rispettivi settori, nonché a beneficio delle libere professioniste e lavoratrici autonome;
- trasferire know-how specifico e affiancare le aziende che intendono applicare o che in parte già applicano, misure di welfare orientate al benessere dei dipendenti in una logica di prevenzione di tutti quei fattori che incidono negativamente sulla motivazione, l’assenteismo e la sicurezza del lavoro;
- promuovere il benessere dei lavoratori e la conciliazione vita-lavoro, creando i presupposti per un incremento della produttività aziendale;
- favorire la permanenza nel mondo del lavoro delle lavoratrici a seguito della maternità.
Con l’obiettivo di approfondire ragioni e prospettive del progetto abbiamo intervistato Virginia Mura, Assessore del lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale della Regione Sardegna.
Dottoressa Mura, può spiegarci in che cosa consiste il progetto “Welfare e work life balance nella vita quotidiana delle aziende, delle lavoratrici, dei lavoratori e delle loro famiglie”? Quali sono le principali linee di indirizzo?
Attraverso il progetto le imprese e i liberi professionisti della nostra regione potranno presentare piani di welfare, che all’interno del bando sono denominati WelFlex, riguardanti ogni possibile area del welfare aziendale. Le proposte saranno analizzate da un’apposita Commissione, la quale, prima di approvare il finanziamento, valuterà la conformità del piano aziendale con gli obiettivi generali del progetto. In totale, le risorse finanziarie previste ammontano a 3.584.128 euro.
Dal punto di vista operativo, il bando prevede tre linee di intervento:
- la linea A, i cui destinatari sono le aziende con un numero di dipendenti pari o superiore a 10;
- la linea B, rivolta alle imprese con meno di 10 dipendenti;
- la linea C, destinata agli ordini professionali, alle associazioni di rappresentanza dei liberi professionisti e alle associazioni datoriali e sindacali.
Quali sono le principali motivazioni che vi hanno spinto a realizzare un progetto volto a sensibilizzare ed attivare le imprese verso la conciliazione vita-lavoro e, più in generale, il welfare aziendale? Quali obiettivi si vogliono raggiungere?
Le motivazioni discendono, oltre che da una precisa scelta politica, anche dalla mia esperienza professionale, avendo ricoperto per anni il ruolo di Direttore della Direzione regionale del Ministero del Lavoro, e dal vissuto personale, essendo moglie e madre di due figli.
Una combinazione di ruoli che mi ha permesso di focalizzare il tema della conciliazione vita-lavoro e di comprendere a fondo le esigenze e le problematiche legate al lavoro femminile nei vari contesti aziendali. Il fenomeno delle dimissioni in bianco è senz’altro uno degli aspetti che mi ha colpito particolarmente nel corso della mia carriera. Nella programmazione dell’intervento si è voluto incidere, perciò, sulle imprese per sensibilizzarle verso un nuovo approccio organizzativo improntato al welfare e a modelli “family-friendly”, nell’ottica, inoltre, di ottimizzare la produttività.
Il principio ispiratore resta quello che individua nella migliore condizione delle donne nel mercato del lavoro il fattore di crescita generale. L’obiettivo perciò è quello di favorire un cambiamento nella cultura aziendale e nella concezione del lavoro femminile e dei benefici che può trarne l’economia e la società. Un cambio di paradigma su cui vogliamo scommettere come regione, facendo in qualche modo da apripista rispetto al resto del Paese.
Per la realizzazione di questo progetto, vi siete “ispirati” a qualche altra misura già presente o precedentemente realizzata? Oppure è un lavoro in cui siete partiti “da zero”?
Siamo senz’altro partiti da zero. Si tratta, infatti, di misure molto innovative, mai sperimentate prima nella nostra regione, che abbiamo cercato di disegnare tenendo conto delle caratteristiche della nostra realtà produttiva e del mercato del lavoro. Non ci siamo ispirati ad altri modelli, come quelli diffusi nel Nord Europa considerati certamente all’avanguardia, perché pensiamo che ogni intervento debba rispondere alle specifiche esigenze del contesto in cui viene attuato.
Abbiamo però cercato di inquadrare le misure nell’ambito degli indirizzi dettati dal legislatore nazionale, a partire dalle leggi di stabilità 2016 e di bilancio 2017, spingendoci oltre gli incentivi nazionali, per lo più accompagnati al premio di produttività, attraverso lo stanziamento di fondi europei appositamente dedicati.
Già con la delibera “Priorità Lavoro” del giugno 2015 la Regione Sardegna aveva stabilito di destinare una quota del Fondo sociale europeo agli interventi di welfare aziendale e conciliazione, e di supporto all’occupazione femminile, inseriti nel quadro generale delle azioni a sostegno del mercato del lavoro regionale.
Come è nato il progetto? È stata una volontà “politica” partita direttamente dalla Regione Sardegna oppure è anche frutto di qualche forma di richiesta o confronto con altri attori e/o con le parti sociali?
È indubbio che il progetto abbia avuto origine da una sensibilità politica nei confronti del tema. Tuttavia, la Regione Sardegna ha fornito l’input per l’elaborazione di una proposta che è stata ampiamente condivisa attraverso un processo partecipativo esteso alle associazioni di categoria, datoriali e sindacali, agli ordini e collegi professionali. Una lunga fase di ascolto e di consultazione pubblica che ha visto anche il coinvolgimento di esperti della materia e che ha portato alla firma di un protocollo d’intesa per l’impegno a diffondere le misure presso le aziende e le lavoratrici.
Il confronto con le parti sociali ha permesso di sondare in via preliminare la sensibilità delle imprese e la loro attitudine a sposare nuovi modelli organizzativi ispirati al welfare aziendale, e garantire in questo modo una maggiore efficacia dell’intervento. Si è fatto ricorso, inoltre, allo strumento delle FAQ per dare un supporto operativo nell’accesso alle misure, e sono state realizzate alcune iniziative pubbliche con la finalità di divulgare le opportunità dell’avviso e sensibilizzare l’opinione pubblica.
La stessa metodologia è stata applicata nella elaborazione dell’Avviso per l’erogazione dei servizi di supporto alla creazione d’impresa, prevalentemente al femminile, frutto della constatazione delle difficoltà riscontrate dalle aspiranti imprenditrici nelle fasi di progettazione dell’idea e di star up aziendale.
Ritenete che le prestazioni messe in piedi dalle imprese verso i propri dipendenti, come appunto gli interventi riguardanti la conciliazione vita-lavoro, possono contribuire ad integrare il welfare pubblico?
Assolutamente si. Gli strumenti messi a disposizione dalla Regione, seppur significativi dal punto vista finanziario, sono soltanto uno stimolo ad avviare un processo che, si auspica, venga sviluppato e ampliato dall’azienda stessa. Il ruolo delle imprese, pertanto, è fondamentale per la buona riuscita dell’intervento, che dovrà essere integrato con altre iniziative intraprese liberamente in base alle caratteristiche e alle dimensioni di ciascuna realtà aziendale, alla percentuale femminile nell’organico e alla suddivisione delle mansioni.
Pensiamo che, da un primo riscontro delle domande pervenute sulla "linea A" dell’Avviso rivolta alla realizzazione dei Piani di Welflex, ci siano le condizioni perché l’intervento abbia successo e sia da incentivo per l’estensione dei servizi, creando in questo modo un meccanismo virtuoso.
Le aziende, non solo quelle grandi ma anche quelle di medie dimensioni, possono infatti contribuire in modo determinante ad integrare il welfare pubblico, rimodulando il modello organizzativo, la flessibilità oraria e la produttività, generando maggiore benessere per le lavoratrici e lavoratori a vantaggio dell’intera collettività.
Per quale motivo si è scelto proprio l’ambito dei servizi di conciliazione vita-lavoro?
Lo squilibrio nella ripartizione delle funzioni di cura della famiglia tra uomini e donne continua a essere nella nostra regione, così come nel resto del Paese, il principale ostacolo all’affermazione delle donne nel mondo del lavoro. Superarlo è un segnale di civiltà oltre che un fattore di crescita economica e sociale.
Con gli strumenti messi in campo abbiamo voluto concentrare l’attenzione sui servizi di conciliazione vita-lavoro non soltanto per le lavoratrici dipendenti ma anche per le libere professioniste, troppo spesso trascurate dai piani di intervento nazionali.
Allo stesso modo abbiamo previsto un sistema di erogazione di voucher a favore delle neo imprenditrici, a corredo del supporto per la creazione d’impresa. Sono tutti interventi che, finalmente, rispondono alle esigenze di tutte le categorie di lavoratrici, senza escludere nessuna. Sappiamo che le tutele per le autonome sono inferiori rispetto alle lavoratrici dipendenti, specie se consideriamo l’impennata delle partite IVA che talvolta rappresentano un modo surrettizio per nascondere un rapporto di fatto subordinato.
Con questo pacchetto integrato di interventi ci auguriamo di migliorare la qualità della vita delle donne nel lavoro e nella gestione della cura familiare, dando un sostegno concreto che a sua volta può generare una inversione culturale.
Riferimenti