Welfare Company, società di Qui! Group specializzata in soluzioni di welfare aziendale, ha recentemente presentato la ricerca “Il futuro del welfare aziendale dopo la Legge di Stabilità 2016", condotta dal professor Luca Pesenti, docente di Organizzazioni Sociali e Welfare Plurale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. La ricerca, commissionata da Welfare Company in collaborazione con AIDP (Associazione Italiana per la Direzione del Personale), ha raccolto le interviste di 335 direttori e manager del settore HR provenienti da aziende di tutta Italia. Lo studio ha cercato di valutare gli effetti della nuova normativa sul welfare aziendale e si è concentrato sul ruolo degli sgravi e degli incentivi fiscali nella diffusione di tale fenomeno.
Il welfare aziendale in Italia
Dai risultati della ricerca emerge che il 71% delle imprese coinvolte ha introdotto piani di welfare: di queste, la maggior parte sono aziende con più di 500 dipendenti, multinazionali e situate nel Nord-ovest dell’Italia. Le percentuali sono molto più basse invece nelle piccole aziende – specialmente quelle a conduzione familiare – e al Sud.
Escludendo la mensa aziendale e i buoni pasto, i benefit e i servizi più diffusi riguardano la flessibilità oraria e il part-time, presenti in quasi la totalità delle imprese che prevedono delle prestazioni di welfare. Di seguito, si trovano: assistenza sanitaria (presente nel 42,5% delle aziende), convenzioni e agevolazioni al consumo (35,2%), permessi di paternità (25%), benefit per lo studio e l’eduzione dei figli (23,3%) e smart working (23%).
Figura 1:Le prestazioni di welfare aziendale più diffuse
Fonte: Ricerca a cura del Prof. Luca Pesenti, commissionata da Welfare Company
Come nasce il welfare aziendale nelle imprese italiane
Uno spunto interessante dell’analisi di Welfare Company è dato dal focus sulle fasi di realizzazione del welfare aziendale. In primo luogo, relativamente all’implementazione delle prestazioni, sembra che circa il 50% delle imprese realizzi un intervento attraverso accordi con singoli fornitori. Le altre aziende si sono affidate a consulenti esterni a supporto della direzione HR (22%) e provider di servizi (18%); mentre è molto basso il numero di quelle realtà che gestiscono tutto internamente (7,6%) e di quelle che sottoscrivono un accordo di rete con altre imprese (5,5%).
È interessante, infine, osservare le percentuali sulla diffusione delle analisi preliminari dei bisogni. Secondo quanto evidenziato dalla ricerca, solo il 33% delle imprese che assicurano iniziative di welfare ha attivato indagini volte a rilevare le reali necessità della popolazione aziendale. Per di più, i due terzi di coloro che hanno compiuto questo tipo di analisi lo ha fatto senza coinvolgere le rappresentanze sindacali.
Le novità della Legge di Stabilità 2016
A fronte delle nuove opportunità previste dalla Legge di Stabilità 2016, il 33% degli HR manager intervistati dichiara che sta già lavorando alla creazione di un intervento; mentre il 36% afferma che ha intenzione di lavorarci nei prossimi mesi. Inoltre, 4 aziende su 10 tra quelle già munite di un piano hanno dichiarato che intendono ampliare la loro offerta di welfare.
Per quel che riguarda le aree verso le quali saranno destinati gli investimenti futuri, la conciliazione vita-lavoro pare essere l’ambito a cui è rivolto maggior interesse. Seguono quindi bonus per l’educazione e l’istruzione dei figli dei dipendenti, sanità integrativa, sostegno al reddito e previdenza complementare (vedi figura 2).
Figura 2: Le aree di welfare aziendale verso cui si intende investire in futuro
Fonte: Ricerca a cura del Prof. Luca Pesenti, commissionata da Welfare Company
Perché fare welfare in azienda
Secondo il 62% degli intervistati, il welfare aziendale è stato utile all’impresa per migliorare il clima aziendale e per ridurre la conflittualità interna. Molti, inoltre, hanno sottolineato come tali prestazioni consentano di attrarre nuovi talenti (52%) e di ridurre il turnover (47%) e l’assenteismo (39%).
Coloro che non utilizzano servizi di welfare per i dipendenti, invece, sostengono che le motivazioni che limitano l’azione dell’impresa riguardano soprattutto la dimensione economica. Per cui, nonostante quasi tutte le realtà aziendali siano a conoscenza degli incentivi previsti dalla Legge di Stabilità, i costi eccessivi – sia a livello economico, sia organizzativo – rimangono l’ostacolo principale per la diffusione del welfare aziendale.
Figura 3: Le motivazioni che spingono le aziende ad attivare misure di welfare aziendale
Fonte: Fonte: Ricerca a cura del Prof. Luca Pesenti, commissionata da Welfare Company
In conclusione, nell’indagine di Welfare Company vengono evidenziati alcuni aspetti che illustrano la situazione del welfare aziendale in Italia.
1. Emerge una scarsa abitudine nella realizzazione di analisi preliminari volte ad identificare i bisogni aziendali: in sostanza, non viene data la giusta rilevanza alla fasi iniziali del processo di implementazione del welfare aziendale, che dovrebbero essere la base per la creazione di servizi efficaci.
2. Appare evidente l’esistenza di una profonda differenziazione territoriale tra Nord e Sud, segno del disequilibrio in termini economici e di welfare che caratterizza il nostro Paese.
3. Si evidenzia il ruolo cruciale degli sgravi fiscali previsti dalla Legge di Stabilità 2016 – che pare stiano portando ad generale aumento della diffusione del fenomeno del welfare aziendale – e una grande rilevanza delle variabili economiche nella scelta dei servizi aziendali.
4. Infine, come già sottolineato in alcuni nostri articoli, mentre il welfare aziendale risulta sempre più diffuso nelle grandi imprese e in quelle multinazionali, permane una notevole difficoltà delle piccole imprese nel realizzare simili pratiche al proprio interno.
Riferimenti