Sono sempre di più le imprese che utilizzano sistemi di retribuzione variabile come supplemento al normale salario. Negli ultimi anni infatti strumenti come premi di produzione e di risultato, salari integrativi “in natura”, servizi di welfare aziendale e sistemi di partecipazione finanziaria (come il profit-sharing e la shared-ownership) hanno iniziato a giocare un ruolo chiave nella relazione tra dipendente e datore di lavoro.
Nel tentativo di evidenziare le tendenze inerenti i cambiamenti nelle modalità di pagamento, Eurofound ha svolto una ricerca attivando una survey che ha coinvolto tutti gli Stati membri dell’Unione Europea (più la Norvegia).
La ricerca è stata suddivisa in due parti: la prima riporta i risultati di un’analisi quantitativa sui premi di risultato e sui sistemi di partecipazione finanziaria; mentre per la seconda parte è stata realizzata un’analisi qualitativa, attraverso analisi e interviste sul tema del welfare aziendale (servizi integrativi di previdenza e sicurezza sociale) e dei beni e servizi “in natura” a completamento della retribuzione.
Le ragioni della diffusione della retribuzione variabile: una panoramica
Secondo i ricercatori di Eurofound, esistono varie ragioni per cui i lavoratori e le imprese tendono ad apprezzare forme di retribuzione non monetaria a completamento del normale salario. In primo luogo, dal punto di vista dei datori di lavoro, questi strumenti forniscono una maggiore flessibilità, consentono di attrarre personale qualificato e di ridurre il turn-over e, infine, sono spesso incentivati dalle istituzioni attraverso forme di detassazione. Dal lato dei lavoratori invece forme integrative di retribuzione mettono a disposizione servizi, benefit e forme di protezione sociale per far fronte ai rischi e alle incertezze della quotidianità.
Per divenire una forma di vantaggio condiviso, però, questi strumenti non possono trasformarsi in un sistema di ricompense eccessivamente legate al risultato: se queste forme retributive si vincolano a rigide strutture premianti ci può essere il rischio che concorrano a moltiplicare le disuguaglianze tra i lavoratori e che creino instabilità di reddito.
I premi di risultato e la partecipazione finanziaria negli Stati dell’UE
La prima parte della ricerca è stata realizzata per mezzo di un questionario che ha coinvolto imprenditori e responsabili delle risorse umane di oltre 39.200 imprese con più di 10 dipendenti. Il questionario ha avuto come focus la diffusione di forme di retribuzione legate al risultato, distinguendo tra cinque forme di salario variabile: premi di risultato (provvigioni, commissioni, ecc); premi legati alla performance individuale; premi legati alla performance di gruppo (del team di lavoro, del settore, del reparto, ecc); profit-sharing (premi connessi con i risultati dell’impresa o della compagnia); share-ownership (proprietà condivisa).
Dai dati emerge che oltre il 60% delle imprese utilizzano forme di retribuzione variabile. Come si può vedere dalla tabella riportata di seguito (Figura 1) ci sono delle sostanziali differenze tra gli Stati Membri: ad esempio in Repubblica Ceca, Estonia, Lituania, Slovacchia e Slovenia oltre l’80% delle aziende considerate utilizza una o più forme premianti; mentre in paesi come Belgio, Croazia, Cipro, Ungheria, Italia, Portogallo e Spagna la percentuale di imprese è più bassa e va dal 47% al 53%.
Figura 1: Diffusione dei prime di risultato, premi di produzione e partecipazione agli utili.
Fonte: Eurofound, Changes in remuneration and reward systems
Comparando l’uso di questi strumenti nei diversi settori produttivi, si nota che il trasporto è il settore che fa meno ricorso alla retribuzione variabile; al contrario, le imprese che si occupano di servizi finanziari sono quelle che hanno le percentuali più elevate. Da notare, infine, la grande diffusione dei premi di risultato nel settore delle vendite all’ingrosso, vendite al dettaglio, servizi di alloggio e ristorazione (Figura 2).
Figura 2: Uso della retribuzione variabile nei differenti settori nell’UE
Fonte: Eurofound, Changes in remuneration and reward systems
Anche la dimensione dell’impresa sembra essere una variabile rilevante. In generale, i pattern relativi alla diffusione dei vari strumenti salariali variabili sono molto simili, ma il numero dei dipendenti sembra rimanere una dinamica fondamentale: più le imprese sono grandi, più le percentuali aumentano.
Figura 3: Uso della retribuzione variabile per dimensione dell’impresa
Fonte: Eurofound. Changes in remuneration and reward systems
Beni e servizi a completamento della retribuzione
La seconda parte della ricerca riporta i risultati di un’analisi qualitativa attuata grazie ad analisi sui dati nazionali e sulle legislazioni vigenti in materia di welfare aziendale, fringe benefit e retribuzione “in natura”; inoltre, per approfondire il tema, sono state sostenute alcune interviste con esperti e specialisti.
Riguardo l’uso dei salari integrativi “in natura” e dei fringe benefit, i paesi che utilizzano di più queste forme retributive sono il Belgio, la Francia e la Norvegia. In Belgio all’incirca il 95% dei dipendenti può usufruire di rimborsi, voucher di varia natura e assicurazioni per il ricovero ospedaliero. Questi strumenti sono molto diffusi anche in Francia, dove circa il 95% dei lavoratori può beneficiare di un’assicurazione sanitaria integrativa (totalmente o parzialmente a carico dell’impresa). In Norvegia i benefit “in natura” sono una caratteristica tipica del settore privato: oltre il 38% dei dipendenti lavora in aziende che garantiscono permessi e ferie retribuite in misura maggiore da quella definita dalla legge o dai contratti collettivi; inoltre, il 37% può godere di un’assicurazione medica integrativa; mentre l’1% ha a disposizione dei servizi per l’assistenza all’infanzia.
In Italia, solo il 9% dei lavoratori riceve fringe benefit, che possono variare dai buoni pasto alle auto e telefoni aziendali, fino alla previdenza complementare e ai servizi di educazione e formazione per i figli dei dipendenti.
I servizi integrativi di previdenza e sicurezza sociale
Anche per quanto riguarda i servizi di previdenza e sicurezza sociale finanziati dalle imprese verso i propri dipendenti, ci sono notevoli differenze tra gli Stati dell’Unione. In Belgio e Francia, ad esempio, la previdenza complementare è abbastanza diffusa: il 50% lavoratori del Belgio usufruiscono di un’assicurazione pensionistica complementare a cui contribuisce anche il datore di lavoro; in Francia invece il 47% dei lavoratori ha un piano di risparmio (employee saving scheme) e il 21% ha accesso ad un fondo integrativo per la pensione.
La situazione è molto diversa in paesi come Finlandia, Grecia, Spagna e Italia, in cui i fondi e le misure di previdenza e sicurezza sociale integrativa sono ancora poco frequenti: in Finlandia solo il 3% ha un’assicurazione pensionistica supplementare; in Grecia, poco più del 6% dei lavoratori può contare su benefici derivanti da fondi pensione e assistenza sanitaria integrativa; in Spagna circa il 9% ha un piano pensione integrativo; in Italia, solo l’8% dei lavoratori beneficia di sistemi pensionistici integrativi, generalmente avviati grazie alla contrattazione collettiva.
Per concludere, relativamente all’Italia c’è da segnalare un ultimo dato interessante. Secondo quanto rilevato dai ricercatori di Eurofound, se da un lato non ci sono notevoli differenze tra i settori produttivi e le dimensioni delle imprese nell’utilizzo di fringe benefit, prestazioni “in natura”, previdenza e sicurezza sociale integrativa, dall’altro esiste un notevole divario di genere: le statistiche mostrano che ad usufruire di queste prestazioni sono molto di più gli uomini (13%), rispetto alle donne (6%).
Riferimenti