Utilizzare il welfare aziendale come strumento per promuovere una sana alimentazione e l’utilizzo di metodi di produzione e consumo sostenibili. È quanto si propone Welfood, un innovativo progetto di welfare aziendale che offre a imprese e organizzazioni numerosi servizi nel campo dell’alimentazione. Dalla piattaforma di e-commerce per i dipendenti – che possono ordinare i prodotti e ritirarli sul posto di lavoro – alle iniziative di educazione alimentare, dai percorsi di team building agli orti aziendali. Abbiamo intervistato Giacomo Mosca, uno degli ideatori di Welfood, che ci ha raccontato come è nata questa idea e quali sono i possibili sviluppi di questo nuovo ramo di welfare aziendale.
Com’è nata l’idea di Welfood di mettere in contatto il mondo del welfare aziendale con quello del cibo e dell’agricoltura sostenibile?
Welfood nasce dall’esigenza di dare forza a un’agricoltura alternativa, dandole la possibilità di arrivare nelle case di tutti. Ci piace chiamarla “agricoltura alternativa” per due motivi: da un lato perché parte dalla convinzione che per produrre cibo di qualità bisogna prima curare l’ambiente e il territorio dove i prodotti crescono. Curare la terra, l’acqua, i semi, la filiera delle materie prime, usando sempre metodi di lavoro che sappiano conciliare capacità produttiva e rispetto delle risorse naturali. I nostri produttori sono in primo luogo produttori di benessere ambientale. Un piccolo esempio: il nostro produttore di pasta adotta un metodo di lavoro che prevede che sullo stesso appezzamento di terreno non torni mai la stessa coltura prima di 5 anni. Questo consente di arricchire e valorizzare la terra, senza svalutarne le qualità e le potenzialità produttive. E poi parliamo di “agricoltura alternativa” perché crediamo sia fondamentale impiegare modalità di distribuzione che non penalizzino il produttore e l’ambiente. Le filiere corte e un contatto sempre più vicino tra produttore e consumatore sono un nostro punto di riferimento.
Certo, il mondo dell’agricoltura alternativa è sempre stato considerato lontano dalla realtà delle aziende. Noi partiamo invece dal presupposto che i luoghi di lavoro e i luoghi del tempo libero, siano luoghi dove si consuma cibo. Lo facciamo tutti i giorni nelle mense e nei bar aziendali, nelle pause caffè, per poi fare la spesa mentre torniamo a casa la sera. Da qui l’idea: perché non portare cibo sano etico e sostenibile direttamente dentro le aziende? Questa è la sfida di Welfood. Lo facciamo con un servizio di spesa on line con consegna in azienda, rifornendo bar e mense, organizzando temporary shop, fornendo servizi di social catering, vendendo regali e confezioni natalizie, e ovviamente proponendo corsi di educazione alimentare.
Come avviene la selezione dei produttori? Ci sono criteri che vengono privilegiati? (es. impatto ambientale, condizioni di lavoro, costo, ecc.)
Forse in parte abbiamo già risposto. Sulla questione del costo ci piace citare una frase di Michael Pollan: “il vero costo del cibo se non lo paghi alla cassa lo paghi da qualche altra parte, lo paga la tua salute, lo paga l’ambiente”. E noi aggiungiamo che lo paga chi lavora nella produzione di cibo, con redditi a dir poco bassi. La scommessa nostra e dei nostri produttori è quella di proporre cibo di qualità a prezzi accessibili, e con retribuzioni adeguate. Per fare questo bisogna però rivoluzionare le modalità di distribuzione e le formule organizzative delle stesse aziende agricole. Ed è in questa direzione che Welfood sta andando.
Ci puoi dire qualcosa in più su come funziona operativamente? Ad esempio, come avviene l’adesione delle aziende, chi sostiene i costi (se è l’azienda, dove trova le risorse, oppure ad esempio sono i dipendenti che, unendosi nell’atto dell’acquisto, ottengono risparmi, come nei GAS aziendali?)
Noi offriamo servizi di welfare aziendale, quindi, nel caso della spesa on line chiediamo alle aziende di farsi carico delle spese di spedizione e di organizzazione del servizio. Chi acquista paga solo ciò che acquista. Inoltre offriamo alle aziende tanti ulteriori servizi attinenti al consumo di cibo. Sarebbe interessante calcolare quanto spende una grande azienda in un anno per acquistare cibo (mense, bar, catering, regali ecc.). Noi proponiamo alle aziende di trasformare questa spesa in un investimento orientato verso l’agricoltura alternativa. Un modo concreto e pratico per valorizzare il ruolo sociale delle aziende.
Su quali fattori a vostro parere occorre investire nei prossimi anni per una diffusione maggiore di questi progetti?
Pensiamo sia il momento di sperimentare, senza paura. Il primo fattore è la creatività, la capacità di dar vita a nuove forme di imprenditorialità che sappiano dare vita concretamente, a un nuovo modo di produrre, distribuire e consumare cibo. Certo, la creatività va anche sostenuta, ma per sostenerla concretamente può essere utile mettere in rete le tante esperienze che in questo campo si stanno già muovendo. E anche in questo caso le aziende e il welfare aziendale possono giocare un ruolo decisivo. Ci piace immaginare situazioni in cui siano gli stessi lavoratori a proporre nuovi progetti, ci piace l’idea di dare il nostro contributo per costruire aziende dove si possa vivere e lavorare senza mai rinunciare al benessere individuale e collettivo. Noi, nel nostro piccolo, vogliamo fare da sponda a chi vuole muoversi in questa direzione.