Si è conclusa la seconda edizione della Summer School organizzata da Legacoopsociali ad Orvieto. Andrea Bernardoni, Responsabile Area Ricerche Legacoopsociali, ne tira le somme.
Come è andata nel complesso questa edizione della Summer School?
Molto bene. È stata un’importante occasione per ragionare, con calma, sulle profonde trasformazioni che stanno attraversando i nostri tempi. Esemplare è il fatto che abbiamo iniziato la Summer School parlando dello sviluppo dopo la crisi nei giorni in cui gli elettori inglesi hanno detto si alla "Brexit". Hanno partecipato alla scuola estiva più di quaranta cooperatori provenienti da oltre dieci regioni che hanno avuto modo di discutere, anche animatamente, confrontandosi sul futuro del paese e della cooperazione sociale. In un momento storico caratterizzato dalla "dittatura" del breve periodo credo che momenti come questo siano utili per guardare lontano.
Il tema di questa edizione è stata la rigenerazione, quale contributo possono dare le cooperative sociali ai processi di trasformazione delle città?
Le recenti elezioni amministrative hanno evidenziato il grande livello di sofferenza provato da milioni di cittadini ed il degrado in cui versano vaste aree di molte città del Paese. In questo quadro emblematica è l’analisi del voto in grandi città come Roma e Torino, in cui gli elettori dei quartieri più popolari hanno abbandonato i partiti tradizionali, significativa è anche la nuova Giunta del Comune di Milano dove il neo-sindaco, insieme alla delega per le società partecipate, ha tenuto per se anche quella per le periferie a voler indicare la massima attenzione della nuova giunta per questo tema.
Nelle città, infatti, si sono moltiplicati gli spazi vuoti e/o gli edifici inutilizzati, dismessi o abbandonati e sono cresciute le aree di degrado in particolar modo nelle tante periferie, allo stesso modo sono cresciute le diseguaglianze e è aumentato il numero delle famiglie che vive in condizioni disagiate, povere o a rischio di povertà.
In questo contesto si moltiplicano esperienze di rigenerazione urbana che però, molto spesso, anziché rispondere ai bisogni delle fasce più deboli della popolazione, guidate da logiche finanziarie ed immobiliari, ampliano le disuguaglianze prodotte dal mercato. La cooperazione sociale può intervenire in questo processo promuovendo e realizzando interventi di rigenerazione che producono plusvalore sociale ed accrescono l’equità della società.
Anche alla luce degli interventi che si sono susseguiti nella Summer School quali sono le sfide che dovrà affrontare la cooperazione sociale nei prossimi anni?
Le cooperative sociali sono oramai un’importante realtà del paese con più di 12 mila organizzazioni e circa 400 mila occupati. Nate negli anni ’70 del secolo scorso hanno dimostrato di essere organizzazioni capaci di saper fare impresa, operando nel mercato, e perseguendo finalità sociali e non solamente l’interesse dei soci. Credo che nei prossimi anni dovranno vincere la sfida della giustizia sociale, dovranno cioè continuare a fare impresa senza però perdere di vista un’importante funzione delle organizzazioni di Terzo Settore che è l’advocacy.
A fronte di una persistente contrazione dei programmi pubblici di welfare e di una esplosione delle aree di disagio sociale ed economico le cooperative sociali non potranno limitarsi a fornire servizi alle amministrazioni pubbliche o alla domanda privata delle famiglie e delle imprese ma dovranno anche costruire alleanze per rivendicare i diritti delle persone più deboli, spesso dimenticate dal pubblico, che non possono rivolgersi al mercato perché dotate di redditi estremamente contenuti.
Come in passato le prime cooperative sociali sono state al fianco di chi lottava per garantire i diritti ai malati psichiatrici, ai disabili ed ai minori a rischio così oggi la cooperazione deve impegnarsi per garantire i diritti dei più deboli.
*Questo articolo è stato pubblicato su nelPaese.it