In Italia circa il 25,7% degli under 30 sono NEET, acronimo di Not in Education, Employment or Training. In altre parole, circa 2.3 milioni di giovani nel nostro Paese attualmente non studiano, non lavorano e non sono impegnati in un percorso di formazione professionale. Le ragioni di questa complessa situazione sono molteplici – si pensi alla struttura del mercato del lavoro, al funzionamento del sistema educativa-formativo o ai cambiamenti delle sovrastrutture sociali e famigliari avvenuti negli ultimi decenni – ma essa è riconducibile anche a scelte errate che sono state assunte dai ragazzi al termine della scuola superiore.
Secondo AlmaDiploma, infatti, il 41% dei giovani ritiene di aver sbagliato il proprio percorso universitario, e anche per questo il 55% abbandona l’università prima della laurea. Perché? Secondo un’indagine di McKinsey, solo il 29% dei giovani sceglie il proprio percorso universitario tenendo conto delle effettive possibilità occupazionali. Un elemento che può aiutare a comprendere il fenomeno dell’abbandono, ma anche l’attuale disallineamento tra le opportunità lavorative offerte dal sistema occupazionale e la scarsa disponibilità di capitale umano in grado di ricoprire determinati incarichi. Oggi, infatti, le imprese non riescono a trovare candidati adeguati per il 16% delle posizioni ricercate (si parla di circa 65.000 posti vacanti) nonostante il gran numero di persone che stanno cercando un impiego.
È da queste premesse che è nato Push to Open, un’iniziativa che vuole aiutare i ragazzi ad affrontare le scelte riguardanti il proprio futuro lavorativo. In parole povere si tratta di un programma interaziendale destinato agli studenti del 4° e 5° anno delle scuole superiori che possono capire quale università conviene frequentare e come orientarsi nel mondo del lavoro. Il tutto si svolge grazie all’apporto delle nuove tecnologie – webcast, piattaforme web, social media – che fungono da mezzo per canalizzare stimoli, contatti e informazioni utili ai ragazzi per chiarirsi le idee e per fare in modo un po’ più consapevole la propria scelta accademica e professionale. Il percorso si compone di testimonianze di professionisti e ragazzi più grandi (tra i 30 e i 35 anni) che, semplicemente raccontando la propria esperienza, offrono spunti che possano aiutare i futuri universitari a prendere decisioni più consapevoli. È un viaggio a tappe che parte dal web ma punta alla realtà: agli spazi virtuali si affiancano infatti momenti di confronto nelle aziende aderenti, per eliminare le barriere territoriali e consentire un’esperienza diretta ai partecipanti, così da scoprire che cos’è il lavoro, come sta cambiando, come si cerca, come si inventa, come ci si prepara per affrontalo.
Nel 2015 sono state 18 grandi aziende italiane hanno aderito a Push to Open finanziando, come misura di welfare aziendale, la partecipazione dei figli dei dipendenti interessati al programma. Nel complesso sono stati più di 1.000 i ragazzi su tutto il territorio nazionale che hanno preso parte all’iniziativa. Il progetto ha ottenuto un tasso di gradimento del 90% da parte di ragazzi e genitori partecipanti, e più del 70% ritiene fondamentale aver conosciuto da vicino il mondo del lavoro prima di scegliere a che facoltà iscriversi.
L’iniziativa è stata lanciata due anni fa da Jointly, realtà che si occupa di sviluppare soluzioni di welfare aziendale per imprese di varie dimensioni, e proprio pochi giorni fa è stata presentata la terza edizione del programma. Il 16 giugno a Milano, presso lo spazio di coworking Talent Garden, Maria Latella ha coordinato una tavola rotonda di ospiti che hanno parlato di Push to Open, tra cui Davide Dattoli, fondatore di Talent Garden, Roberta Marracino di SEA, Marcella Logli di Tim e Michele Rocco di Intesa San Paolo, oltre a Francesca Rizzi, fondatrice di Jointly. Oltre a “Osservatorio 18”, uno studio sul punto di vista dei ragazzi rispetto al proprio futuro, è stato presentato anche il programma Push to Open 2016.