capitolo 2
di Anastasia Rita Guarna e Franca Maino
Il capitolo propone una rassegna della letteratura sulle pratiche collaborative al fine di evidenziare gli elementi principali che contraddistinguono la coprogettazione e la coprogrammazione.
In Italia l’ambito delle politiche sociali è sempre stato teatro di sperimentazioni di forme di ibridazione tra organizzazioni pubbliche e private. L’evoluzione e la mutazione dei rapporti tra questi principali soggetti sono state influenzate da una costante tensione tra il paradigma della competizione e quello della collaborazione. A partire dalle legge 328/2000 si è aperta una nuova stagione in grado di introdurre un vero e proprio cambiamento nell’implementazione delle politiche sociali promuovendo una maggiore collaborazione tra enti di natura diversa al fine di sviluppare un sistema di welfare condiviso imperniato su processi decisionali inclusivi. Si tratta di un percorso normativo che parte dalla legge 328/2000 e dal conseguente DPCM del 2001, fino ad arrivare all’art. 55 del Codice del Terzo Settore e alla promulgazione delle più recenti Linee guida ministeriali (DM 72/2021), in cui vengono individuati i percorsi di implementazione di coprogettazione e coprogrammazione. Adottare tali strumenti richiede di tenere in conto un alto grado di complessità che non riguarda solo la relazione tra attori di natura diversa – ognuno dotato di una propria “personalità” e cultura organizzativa – ma anche una serie di aspetti contrapposti tra loro che evidenziano il carattere multidimensionale delle pratiche collaborative. Il capitolo approfondisce dunque punti di forza, criticità, opportunità e sfide da tenere in considerazione guardando alla coprogettazione e alla coprogrammazione.
Il quadro normativo di riferimento per coprogettazione e coprogrammazione si concentra principalmente sull’individuazione di una serie di principi e indirizzi, delegando al legislatore regionale l’emanazione di disposizioni attuative in materia.
Hanno riconosciuto un ruolo attivo al Terzo Settore sia nella progettazione sia nella realizzazione concertata del sistema integrato di interventi e servizi sociali, introducendo per la prima volta nel quadro normativo nazionale il termine “coprogettazione” (riferita però esclusivamente a interventi sperimentali e innovativi).
Il Codice, in particolare all’art. 55, amplia in modo significativo le modalità di utilizzo della coprogettazione. L’art. 55 introduce inoltre la coprogrammazione come pratica finalizzata all’individuazione, da parte della PA, dei bisogni della comunità, degli interventi necessari da intraprendere e delle modalità per realizzarli, nonché delle risorse a disposizione per dare esecutività alle azioni previste.
La nuova disciplina del Codice ha introdotto una norma di sistema che coordina in modo armonioso gli istituti della coprogettazione e coprogrammazione con la disciplina europea dei contratti pubblici. Il Codice riconosce ora coprogettazione e coprogrammazione come elementi qualificanti del rapporto tra PA e Terzo Settore, perché radicati nel principio di solidarietà e improntati al modello della sussidiarietà orizzontale.
Generalmente tale procedimento avviene con atto dirigenziale della PA. L’iniziativa può essere intrapresa anche a seguito di uno o più stimoli da parte degli attori del Terzo Settore.
Costituisce una buona pratica pubblicare un avviso contenente diversi elementi, tra cui: l’oggetto del procedimento di coprogrammazione, i requisiti dei partecipanti, i tempi e le modalità di svolgimento del procedimento.
L’attività di coprogrammazione può essere articolata in più sessioni. Non consiste in un mero confronto interlocutorio: è richiesto di esprimersi in termini di scelte e orientamenti da seguire, di individuare possibili interventi da attivare e di definire le relative risorse economiche.
L’attività conclusiva riguarda l’elaborazione di un documento finale condiviso che raccolga tutto il materiale prodotto durante l’attività di coprogrammazione. Sarà poi compito dell’amministrazione far dialogare tali esiti con le politiche pubbliche locali.
Le fasi del processo di coprogettazione come dispositivo amministrativo
Fonte: Sesto Rapporto sul secondo welfare
Le pratiche di coprogettazione e coprogrammazione sono imperniate sulla relazione tra attori di natura diversa, ognuno dotato di una propria “personalità” o cultura organizzativa:
La letteratura ha individuato numerosi punti di forza e debolezza, sfide e opportunità legati all’implementazione di coprogettazione e coprogrammazione:
“Agire insieme” come risposta a un bisogno sociale multidimensionale. I nuovi bisogni sociali sono sempre più complessi e meno tutelati da un sistema di protezione sociale che dispone di risorse insufficienti. Coprogettazione e coprogrammazione rappresentano un modello collaborativo capace di rispondere alle nuove esigenze e ottenere un cambiamento che difficilmente sarebbe ottenibile dai diversi attori singolarmente
Collaborazione e community building. Le pratiche collaborative implicano il passaggio da processi individualistici alla realizzazione di contesti in cui il proprio ruolo “produttivo” prende forma nella relazione con la rete. Tale passaggio contribuisce a costruire e consolidare comunità forti, coese e inclusive, in cui i membri si sentono connessi, impegnati e supportati. Collaborazione e community building, pertanto, sono strettamente collegati e si influenzano vicendevolmente.
Automatismi competitivi. Più di due decenni di appalti non hanno allenato la propensione a collaborare dei soggetti del Terzo Settore alimentando, all’inverso, rapporti conflittuali e un clima di sfiducia sia tra gli enti del Terzo Settore sia tra questi e la PA. È dunque notevole lo sforzo – richiesto dalle pratiche collaborative – per superare un modello che riduce la relazione a una mera competizione tra enti privati.
Il “matrimonio di interesse” nella coprogettazione. I percorsi di coprogettazione richiedono la costituzione di partnership inedite tra diversi enti del Terzo Settore. Si tratta di attori con identità e culture differenti ma, soprattutto, che su altre partite risultano essere competitor per le aggiudicazioni di appalti e gli affidamenti di servizi. Gli enti spesso sono indotti a elaborare compromessi strumentali all’esito positivo del bando, sottovalutando l’effettiva capacità di collaborazione nel lungo periodo.
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