Crollo delle nascite, calo dei residenti, popolazione sempre più anziana e boom di stranieri immigrati. I dati Istat pubblicati negli scorsi giorni disegnano l’Italia del 2065 e raccontano un paese che cambia caratteristiche e bisogni. Non può essere una notizia da far durare il tempo di qualche click o il passaggio in qualche Tg.
L’evoluzione demografica del paese, tracciata con chiarezza dalle proiezioni statistiche, impone una riflessione strategica sul destino del nostro welfare. E pone almeno due questioni. La prima: quali politiche sociali richiederanno il massimo investimento nei prossimi anni, tanto in termini di risorse economiche quanto di policy design? La seconda: possiamo ancora permetterci una visione di welfare classica, centrata sull’erogazione di risorse necessarie a garantire servizi, sulla base di appalti e concessioni, o dobbiamo ragionare su un nuovo e più avanzato modello di stato sociale, capace di assicurare un quadro di protezione sociale sempre più personalizzata, misurabile, socialmente impattante e a basso tasso di inefficacia e di spreco?
Un welfare rinnovato non può più aspettare
Giovanna Melandri, Huffington Post, 7 maggio 2018