Il dibattito sul Reddito di cittadinanza e, in generale, sulle politiche di contrasto della povertà, si sta sviluppando in termini molto riduttivi. A dirlo è Remo Siza che in un articolo pubblicato da Welforum spiega che spesso chi affronta il tema non tiene conto dei dati prodotti dalle istituzioni, ma anche delle numerose ricerche accademiche realizzate in questi anni.
Il dibattito, inoltre, raramente riguarda specifici aspetti critici del Reddito di Cittadinanza (quali, per esempio, la scala di equivalenza utilizzata per l’accesso e la definizione dell’entità del beneficio, le capacità operative dei centri per l’impiego e la loro relazione con i servizi sociali dei comuni, l’enfasi sul sistema sanzionatorio) e molto più spesso aspetti più generali come la sostenibilità finanziaria della misura, i suoi effetti sulla motivazione al lavoro e sulla crescita della dipendenza dei beneficiari dai benefici economici, le distinzioni tra poveri che meritano aiuto e poveri che si ritiene non si impegnino nella ricerca di un lavoro.
Nel dibattito, secondo Siza, cinque semplificazioni sono particolarmente evidenti: il Reddito è un vitalizio; il povero è responsabile della sua condizione; è necessario sostituire il beneficio economico con politiche di attivazione; la maggioranza dei poveri non ha voglia di lavorare; niente cambia per le persone non occupabili affidate ai servizi sociali