Recentemente, il Prof. Giovanni Vecchi ha presentato il volume “Measuring Wellbeing: A History of Italian Living Standards”, edito per Oxford University Press. L’opera riassume anni di studio e contiene alcuni dati interessanti in merito al contesto italiano.
Secondo l’autore, già all’unità d’Italia il Centro-Nord in termini di PIL pro capite risultava messo meglio del Sud, con un vantaggio di circa il 20%. Con il passare degli anni il primo cresce però più in fretta del secondo, e il divario non fa che aumentare. Il picco arriva nei primissimi anni ‘50, quando il meridione viene doppiato, con valori che in termini odierni – e considerando l’inflazione – si aggirano rispettivamente intorno a 3.000 e 6.000 euro annui.
Quel punto rappresenta il picco massimo nella distanza fra nord e sud, e da allora non è più stato raggiunto. La curva s’inverte con la differenza fra le due aree che ricomincia a calare, giù fino a un nuovo punto in basso intorno al 1990. Si tratta però di un riavvicinamento che già un decennio dopo sembra aver completato il suo corso, tanto che agli inizi del nuovo millennio – e ancora di più qualche anno dopo la recessione – il nord cresce di più o almeno perde meno rispetto al sud. Secondo gli ultimi dati di lungo periodo, infatti, al 2011 la spaccatura fra le due zone è tornata a un livello che non si vedeva dagli anni ‘60.
Reddito e ricchezza: peggiora il divario tra il Nord e il Sud
Davide Mancino, Il Sole 24 Ore, 2 giugno 2018